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Utilizzare al meglio la carnitina

La carnitina è un aminoacido, presente nei tessuti animali e, in quantità modeste, nelle piante. La carnitina è stata identificata per la prima volta nel 1905 da R. Krimberg e W. Gulewitsch nell’estratto di muscolo bovino, da cui il nome. La sua struttura chimica è stata scoperta nel 1927 da M. Tomita e Y. Sendju. Dal punto di vista chimico, appartiene alla famiglia delle metilammidi.
Pur essendo simile strutturalmente ad un aminoacido, la carnitina non forma proteine, è dunque un aminoacido occasionale ed è più simile all’acetilcolina. È un carrier degli acidi grassi, che li veicola all’interno dei mitocondri per permetterne il loro utilizzo al fine di produrre ATP.
L’attivazione degli acidi grassi per la loro successiva degradazione avviene nel citosol, o citoplasma cellulare, mentre la loro completa degradazione avviene nel mitocondrio. Gli acidi grassi attivati si trovano sotto forma di acil-CoA, un acido grasso legato ad una molecola di acetil-coenzimaA. Gli acil-CoA non sono in grado di attaversare da soli la membrana mitocondriale a causa della loro porzione acilica. La porzione acilica viene quindi trasferita ad una molecola di carnitina, formando acetil-carnitina.
Il legame dell’acetil-carnitina è un legame ad alta energia. Il trasferimento del gruppo acil-CoA avviene attraverso l’azione di due enzimi. Questi enzimi si trovano uno sulla superficie esterna ed uno sulla superficie interna della membrana mitocondriale. Essi trasportano gruppi acilici da un lato all’altro della membrana. Il trasporto viene mediato da una proteina trasportatice della carnitina che trasferisce
l’acil-carnitina nel mitocondrio e contemporaneamente sposta la carnitina libera nella direzione opposta.
L’organismo umano può sintetizzare la carnitina a partire da due aminoacidi lisina e metionina. Alcune disfunzioni possono portare ad una carenza di carnitina. Questi deficit sono in relazione con varie patologie, tra cui, ad asempio, la sindrome da affaticamento cronico ed addirittura la morte improvvisa.
Gli effetti della carenza di carnitina sono stati descritti per la prima volta nel 1973. In quest’occasione si evidenziò come, ad una carenza di questo aminoacido, si associasse miopatia grave con accumulo di acidi grassi non ossidati nel muscolo scheletrico: questa sindrome è conosciuta col nome di ‘’deficit primario di carnitina’’.
Questa sindrome ritrova la sua causa in una mutazione genetica a carico di una proteina, presente nella membrana plasmatica dei muscoli scheletrici, del cuore, dell’intestino e del rene. In questa situazione, la concentrazione ematica di carnitina è inferiore a 10 e a volte a 5 nanomoli/litro, contro i valori di riferimento di 40-80. L’eventuale deficit si presenta sin dai primi anni di vita, ed è letale se non si interviene con dosaggi massicci di L-carnitina. Il fabbisogno è di circa 80 mg/die per un adulto di 70 Kg, di cui circa 20 mg possono essere sintetizzati. Il resto della carnitina deve essere introdotto con la dieta.
Qui di seguito sono riportati tutti i possibili effetti che la carnitina può avere:
EFFETTO TEORICO DELLA CARNITINA NEL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE SPORTIVA
Durante l’esercizio fisico di tipo aerobico si assiste ad un aumento della concentrazione, nel plasma, degli acidi grassi. Probabilmente tale fenomeno è dovuto alla saturazione dei carriers mitocondriali degli acidi grassi di cui la carnitina è parte determinante.
La carnitina dovrebbe dunque migliorare la prestazione sportiva ( come anche la creatina ) in quelle condizioni in cui è importante risparmiare il glicogeno ed utilizzare prevalentemente grassi (maratona, ciclismo di durata, triathlon). Non è infatti casuale che tale aminoacido sia attivo specie durante il digiuno, quando cioè la glicemia si abbassa ed i livelli plasmatici di glucagone e degli acidi grassi diventano elevati.
I suoi effetti benèfici sulla prestazione sportiva sono ancora controversi.
EFFETTO DELLA CARNITINA SUL COLESTEROLO E SUGLI ACIDI GRASSI
In campo medico la carnitina viene di solito somministrata a pazienti con problemi cardiaci. Il nostro cuore, infatti, utilizza principalmente acidi grassi per far fronte alle proprie richieste energetiche. E’ quindi molto importante garantire l’efficienza di questo sistema. Diversi studi hanno dimostrato che questo aminoacido ha un’azione stimolante sulla contrattilità del cuore.
La carnitina aumenta la vasodilatazione periferica migliorando in questo modo il flusso e la distribuzione dell’ossigeno ai vari distretti organici. In riferimento a ciò, si è dimostrata utile nel trattamento dei pazienti affetti da claudicatio intermittens (zoppìa).
Recenti studi hanno attribuito alla carnitina anche un ruolo importante nell’abbassamento dei livelli ematici di colesterolo e trigliceridi.
ALTRI POSSIBILI EFFETTI DELLA CARNITINA
Altri studi suggeriscono che la carnitina potrebbe essere utile nella terapia per la cura della sterilità, del diabete di tipo II, nel recupero dopo un ciclo chemioterapico ed in alcune malattie renali ed epatiche.
Abbiamo spiegato in modo dettagliato la carnitina ed i suoi derivati…
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